Contabilità e-commerce

 La contabilità e-commerce rappresenta un argomento sicuramente spinoso per chi si sta avvicinando a questa forma di commercio elettronico o ha deciso di aprire il proprio store online. In un’altro articolo abbiamo trattato le imposte dell’e-commerce, in questo tratteremo il commercio elettronico in ordine di contabilità.

Quali sono gli obblighi contabili e la documentazione fiscale che occorre produrre? E come e quando segnalare al fisco le entrate che derivano dalle vendite online?

Parte degli interrogativi si deve anche al fatto che l’e-commerce per molti aspetti rappresenta ancora una forma di attività commerciale “nuova”, con le sue regole e le sue caratteristiche, ma proprio per questo molto diversa dalle attività commerciali tradizionali a cui si è abituati.

Del resto è anche vero che l’e-commerce è una delle forme commerciali più diffuse in tutto il mondo. La comodità di ordinare qualsiasi prodotto comodamente dal proprio computer o dallo smartphone, ricevendo poi gli acquisti a casa propria, ha fatto sì che questa tipologia di esercizio commerciale diventasse praticamente indispensabile.

Sempre più persone acquistano direttamente online beni di prima necessità e di consumo. Un’azienda che voglia raggiungere una clientela il più possibile vasta non può quindi prescindere dal commercio online. Ma cosa è necessario sapere per gestire la contabilità di un e-commerce senza incorrere in problemi con il fisco?

Questa guida vuole fornire tutti gli elementi indispensabili per organizzare al meglio la contabilità del proprio e-commerce e orientarsi tra fatture, modulistica, IVA e transazioni commerciali online.

E-commerce aspetti contabili e fiscali

Partiamo dal presupposto che l’ecommerce non è “solo” online store; secondo la legislazione italiana si fanno ricadere sotto questo termine anche la fornitura di servizi a pagamento erogati tramite il Web, la gestione di movimenti finanziari e la distribuzione – sempre a pagamento – di contenuti.

Una delle domande che ci si pone più spesso, in ambito di contabilità e-commerce, è se occorra o meno registrare una partita IVA. Secondo la legislazione italiana, quest’ultima non è obbligatoria per fatturati di importo inferiore ai 5000 euro l’anno. Tuttavia, gli e-commerce risultano a tutti gli effetti come esercizi commerciali, anche se operano prevalentemente (o esclusivamente) online.

Chi desidera aprire un e-commerce dovrà quindi attenersi alle normative previste dalla Comunione Unica d’Impresa, o ComUnica. Di seguito sono riportati i passi e le procedure da seguire.

∙         Apertura di una partita IVA comprensiva di sito Web dell’e-commerce

∙         Iscrizione al Registro delle Imprese

∙         Apertura di indirizzo PEC certificato

∙         Iscrizione ai contributi previdenziali INPS per i commercianti (se applicabile)

∙         Presentazione della Segnalazione Certificata (SCIA)

Apertura di partita IVA per un e-commerce

Come abbiamo visto, per gestire un e-commerce è indispensabile aprire una partita IVA dedicata con relativo Codice Fiscale.

Anche nel caso in cui il fatturato sia inferiore ai 5000 euro (tariffa al di sotto della quale non è contemplato l’obbligo di Partita IVA), l’e-commerce o store online risulterà infatti a tutti gli effetti equiparabile a un esercizio commerciale dal punto di vista fiscale.

Al contrario, collaborazioni freelance (come può essere il copywriting, il web design o la grafica online) sono equiparabili all’opera di liberi professionisti e non sottoposti a regime IVA finché non superano il fatturato minimo previsto dall’ordinamento italiano.

Durante la registrazione della Partita IVA sarà necessario specificare il codice ATECO che per gli ecommerce  è il n. 47.91.10 relativo al commercio al dettaglio online. Successivamente occorrerà scegliere un regime fiscale fra:

∙         Regime forfettario (valido per redditi lordi fino a un massimo di 65.000 euro) ;

∙         Regime ordinario IRPEF o IVA con contabilità semplificata.

Ricordiamo inoltre che nella richiesta di apertura della partita IVA di un e-commerce sarà fondamentale specificare l’indirizzo del sito Web, le informazioni relative all’ISP, il recapito e-mail e gli eventuali recapiti dell’intestatario. Quindi sarà obbligatorio che il sito (e l’eventuale dominio) siano già operativi al momento in cui si inoltrerà la richiesta.

Partita IVA per e-commerce, quali sono i costi?


Quali sono i costi che occorre preventivare per l’apertura di una partita IVA per un e-commerce?

In realtà aprire una partita IVA è l’aspetto meno oneroso di tutto il procedimento. Il richiedente non deve pagare nulla per la richiesta del numero di P. IVA e il codice fiscale assegnato.

Si pagano solamente le spese di segreteria che ammontano generalmente 35 euro, e l’imposta di bollo, che in questo caso costa 100 euro.

Attenzione, però; questa cifra riguarda solamente l’apertura della partita IVA, a cui andranno aggiunti i costi aggiuntivi per le pratiche burocratiche necessarie alla corretta gestione  della contabilità fiscale di un e-commerce.

Regime forfettario per e-commerce; vantaggi e agevolazioni

Il regime forfettario è una delle soluzioni preferite da chi si accinge ad aprire un e-commerce, perché presenta numerose agevolazioni. Le più interessanti sono sicuramente:

∙         La flat tax sull’imponibile che è fissa al 5% per i primi cinque anni e poi sale a 15% a partire dal sesto anno in poi

∙         Esenzione IVA, IRPEF ed esonero dalla contabilità e ritenuta d’acconto (escluso il registro dei corrispettivi)

∙         Contributi previdenziali ridotti fino al 35% (dove applicabile e solo per Artigiani Commercianti)

∙         Esonero da speso metro estero nel caso di import-export (anche al di fuori dell’UE)

∙         Nessun obbligo di rilasciare fattura elettronica

∙         Retribuzione per dipendenti e collaboratori fino a un massimo di 20.000 euro

In soldoni, il regime forfettario è conveniente perché consente di contenere le uscite grazie a una tassazione ridotta. Inoltre l’esenzione dal regime IVA si traduce in prezzi molto concorrenziali, vantaggiosi soprattutto per le startup esordienti.

Una gestione della contabilità e-commerce più snella e semplificata rende questo regime a un tempo pratico e funzionale.

L’unico inconveniente è rappresentato dal limite dei ricavi, che non possono in alcun modo superare i 65.000 euro (secondo la nuova regolamentazione fiscale entrata in vigore dal 1 Gennaio 2019). Oltre tale soglia non sarà più possibile fare ricorso a regime forfettario e occorrerà invece un regime ordinario IRPEF.

Ci sono inoltre due vincoli che regolano l’applicazione della tassa sull’imponibile in un regime forfettario:

∙         Divieto di proseguire un’attività di lavoro dipendente svolta in precedenza all’avvio del nuovo esercizio commerciale

∙         Divieto di esercitare un’attività professionale (anche in ambiti imprenditoriali o artistici) precedente all’avvio del nuovo esercizio commerciale.

Regime ordinario IRPEF o IVA per e-commerce, quando conviene?

Esistono invece circostanze in cui l’e-commerce deve necessariamente usufruire di regime ordinario IRPEF, IVA o IRAP.

E’ il caso per esempio in cui l’attività non rispecchi i requisiti previsti per l’attuazione del regime forfettario. In alternativa, il regime ordinario potrebbe riflettere una specifica scelta del titolare.

In alcuni casi questa opzione può effettivamente essere vantaggiosa se si sta pensando di aprire un e-commerce. Le caratteristiche più interessanti del regime ordinario sono:

∙         Detrazioni e deduzioni sull’imposta IRPEF (che si possono richiedere in sede di dichiarazione dei redditi)

∙         Prezzi non imposti con possibilità di ricarico (se il margine di ricavo è molto basso)

∙         Nessuna soglia minima di reddito indispensabile per l’accesso al regime (e quindi nessun limite di guadagni)

Per contro però questa tipologia di regime fiscale presenta anche maggiori incombenze e responsabilità rispetto al forfettario, soprattutto per quanto riguarda la contabilità e-commerce. Nello specifico, il titolare di e-commerce in regime ordinario dovrà impegnarsi a:

∙         Applicare correttamente l’IVA alle fatture emesse nel corso dell’anno solare di attività

∙         Liquidare regolarmente l’IVA attraverso versamenti certificati

∙         Tenere traccia di tutta la contabilità aziendale generata dall’e-commerce nei registri contabili 

Inoltre il regime ordinario prevede 5 quote di aliquota Irpef in base al reddito percepito e dichiarato. Vediamole di seguito:

∙         Aliquota fino al 23%: si applica su redditi fino a una soglia massima di 15.000 euro

∙         Aliquota del 27%: si applica in aggiunta a una base imponibile di 3450 euro per redditi compresi fra 15.001 e 28.000 euro

∙         Aliquota del 38%: si applica in aggiunta a una base imponibile di 6960 euro per redditi compresi fra 28.001 e 55.000 euro

∙         Aliquota del 41%: si applica in aggiunta a una base imponibile di 17220 euro per redditi compresi fra 55.001 e 75.000 euro

∙         Aliquota del  43%: si applica in aggiunta a una base imponibile di 25420 euro per redditi che superino i 75.000 euro

Iscrizione al Registro delle Imprese e alla Camera di Commercio

L’iscrizione al Registo delle Imprese della Camera di Commercio (abbreviata in Cciaa) avviene nei 30 giorni solari successivi all’inizio dell’attività commerciale. Il procedimento avviene in maniera interamente telematica attraverso presentazione di ComUnica, caricata su un’apposita piattaforma.

Contestualmente all’iscrizione al Registro delle Imprese, al richiedente verranno intestati due numeri identificativi.

∙         Numero di iscrizione al Registro: fa riferimento al codice fiscale dell’intestatario

∙         Numero REA: si riferisce all’ambito amministrativo ed è solitamente usato per ottenere statistiche di insieme sull’attività (come ad esempio l’anno, il mese in giorno in cui l’e-commerce è entrato effettivamente in attività o ha chiuso i battenti)

E’ bene ricordare che l’iscrizione al Registro delle Imprese deve obbligatoriamente avvenire per via telematica. Non è possibile presentare documentazione cartacea di alcun tipo agli uffici di convenienza. Inoltre la domanda di iscrizione deve essere emessa esclusivamente da un professionista, legale o notaio che sia.

Una volta che la domanda è stata correttamente inoltrata, se l’esito della pratica è positivo sarà il Registro delle Imprese a ricontattare il richiedente, rilasciando per e-mail copia del regolare contratto di iscrizione.

I costi necessari a iscrivere l’e-commerce al Registro delle Imprese perlopiù abbastanza bassi. Le spese di segreteria in questo caso corrispondono a soli 18 euro, con una cifra pressappoco corrispondente anche per l’imposta di bollo. L’onere maggiore riguarda i diritti camerali che spettano al Registro delle Imprese e che si aggirano, per un’impresa individuale, sulla sessantina di euro.

A queste cifre occorrerà poi aggiungere il corrispettivo dovuto al legale o al notaio che si incarica della trasmissione della “Comunica” e i costi di registrazione della PEC.

Presentazione della SCIA

La SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) deve essere presentata in prima battuta alla Camera di Commercio e successivamente a SUAP (Sportello Unico Attività Produttive). L’azienda, in questo caso l’e-commerce, può essere legalmente operativo dal momento in cui avviene la presentazione dell’apposita SCIA.

Anche in questo caso tutta la documentazione necessaria deve essere trasmessa esclusivamente per via telematica, mentre fino a qualche anno fa l’iter era interamente cartaceo. La SCIA si inoltra al Comune di residenza dell’intestatario, indipendentemente da dove opererà l’effettivo e-commerce.

Per essere riconosciuta valida la SCIA deve comprendere i seguenti allegati:

∙         Modulo di possesso dei requisiti da parte dell’intestatario (per imprese individuali)

∙         Modulo di possesso dei requisiti da parte dei soci (per società o imprese collettive)

∙         Modulo di notifica sanitaria (nel caso in cui l’e-commerce riguardi cibi, alimenti o bevande).

Per quanto riguarda i costi, l’istanza si aggira sul centinaio di euro a cui va aggiunto l’onorario di eventuali studi professionali che fungano attività di mediatore.

E-commerce ditta individuale

Un e-commerce può essere registrato come ditta individuale? E’ una delle domande più frequenti che capita di sentire quando si parla di contabilità e-commerce. Vediamo quindi cosa prevede in tal senso l’ordinamento fiscale e tributario italiano.

Dal momento che l’e-commerce è riconosciuto come attività commerciale, esso può essere alternativamente:

Si parla di ditta individuale quando l’unica persona responsabile dell’e-commerce è  il titolare stesso, identificato come persona fisica attraverso il Codice Fiscale. Una ditta individuale può usufruire di dipendenti se la mole di lavoro dovesse aumentare; solitamente si sceglie di “coinvolgere” parenti e congiunti, nel qual caso si parlerà specificatamente di gestione famigliare.

La società di capitali prevede invece la presenza di due o più soci che investono delle quote nel progetto aziendale e sono responsabili solo del corrispettivo della propria quota, sia per quanto gli obblighi fiscali e la contabilità dell’e-commerce, sia in caso di debiti contratti dalla società.

Al contrario la società di persone non hanno autorità giuridica e la responsabilità ricade in maniera illimitata su tutti i soci (anche qui necessariamente in numero di due o più) che ne fanno parte.

Per gli e-commerce di piccole o medie dimensioni è solitamente più indicata la soluzione della ditta individuale, in quanto molto più immediata e di facile gestione. Per contro, tutta la contabilità dell’e-commerce, gli oneri e le responsabilità amministrative ricadono interamente sul titolare.

Al contrario gli e-commerce facenti capo a grandi realtà commerciali affermate, con un volume di traffico altissimo, quasi sempre saranno gestiti  da un regime societario di persone o per azioni. 

Commercio elettronico diretto e indiretto

Abbiano analizzato nel dettaglio le procedure che occorre seguire per avviare uno store online e intraprendere l’attività di commercio elettronico. Prima di esaminare gli adempimenti fiscali che un e-commerce è tenuto a rispettare, tuttavia, occorre fare una distinzione fra le diverse forme di commercio che questi siti possono esercitare.

∙         Commercio elettronico diretto: si riferisce alla compravendita di beni puramente telematici

∙         Commercio elettronico indiretto: si riferisce a qualunque transazione commerciale che preveda l’invio di merci fisiche dal venditore al destinatario.

In soldoni, il commercio elettronico diretto è quello che opera nel campo dell’e-selling puro fine a sé stesso. L’esempio più calzante è quello del commercio di e-book: il cliente paga con una trasmissione telematica (solitamente Paypal, accredito bancario o carta di credito prepagata). Avvenuta correttamente la transazione, riceve un bene digitale, in questo caso un e-book. L’intera compravendita si è svolta online e non ha coinvolto in alcun modo terze parti (come ad esempio il grossista e lo spedizioniere nel caso in cui il cliente avesse invece acquistato un libro cartaceo).

Il commercio elettronico diretto non si applica però solo alle transazioni di beni virtuali ma anche ad abbonamenti o sottoscrizioni. In un’ottica fiscale, infatti, anche l’acquisto di materiale puramente digitale (in quanto composto da bit e gestibile solo attraverso supporti telematici) si esplica nella prestazione di un servizio.

Quali sono i servizi che ricadono sotto l’egida dell’e-commerce diretto?

Abbiamo visto alcuni esempi di e-commerce diretto, ma in realtà i servizi che sono identificati con questo tipo di compravendita sono davvero numerosi.  Tra i principali si possono ricordare:

∙         Siti Web, hosting e relativi software gestionali (Database, CMS ecc)

∙         Software a pagamento di qualsiasi genere  (antivirus, suite grafiche, adblocker)

∙         Contenuti multimediali (fim, libri, musica, giochi – incluso il gioco d’azzardo – riviste ecc)

∙         Spazi pubblicitari a pagamento (banner, annunci)

∙         E-learning e dispense online

∙         Banche dati aggiornate in tempo reale (meteo, traffico stradale ecc)

Un elenco completo, ma non esaustivo, di tutte le categorie di beni e servizi digitali equiparabili ai fini della contabilità dell’e-commerce diretto può essere reperito nel regolamento di esecuzione dell’Unione Europea n. 282/2011.

 E-commerce indiretto

Ben altro discorso per quanto riguarda invece l’e-commerce indiretto, che è probabilmente più ‘vicino’ alla concezione che il cliente medio ha di “commercio elettronico”.

L’e-commerce indiretto avviene in tutte quelle circostanze dove si utilizzi lo strumento di Internet per eseguire una compravendita di natura materiale. In altre parole, la transazione tra il venditore e l’acquirente si svolge (comunque) interamente o parzialmente online, ma i beni acquisiti o i servizi erogati sono forniti di persona al compratore. Quest’ultimo effettua quindi un ordine che, dal punto di vista fiscale, rientra nella sfera della cessione di beni.

Il pagamento della transazione invece può avvenire contestualmente online o anche contrassegno, senza che ciò abbia alcun tipo di rilevanza ai fini fiscali.

In linea di massima si fa ricadere l’e-commerce indiretto sotto la categoria del “commercio al minuto”, equiparabile quindi alle vendite per corrispondenza. Come vedremo, ciò implica tutta una serie di adempimenti fiscali che dal 2020 diventano interamente telematici. Inoltre valgono anche le condizioni legali che si applicano comunemente al commercio al minuto tradizionale; per esempio il diritto di recesso per il consumatore finale, laddove la merce acquistata risultasse fallace o comunque non conforme alla vendita.

Nel caso in cui l’intestatario dell’e-commerce abbia presentato richiesta di iscrizione al VIES contestualmente all’apertura dell’attività, sarà inoltre possibile eseguire transazioni di beni e servizi anche con operatori intracomunitari, purché risiedenti in Unione Europea. 

La richiesta deve essere accompagnata da una stima indicativa del volume di affari previsto dall’esercente. In seguito all’iscrizione, per le transazioni intracomunitarie non si applicherà l’IVA B2C (Business to Consumer) ma B2B (Business to Business).

Cos’è il drop shipping?

In ambito di e-commerce si sente spesso parlare di drop shipping, ma cosa significa esattamente questo termine?

Il drop shipping è equiparabile a una sorta di vendita per conto terzi che l’intestatario dell’e-commerce effettua online. L’ordine viene effettuato tramite il suo store, ma sarà il drop shipper a inviare materialmente i beni al compratore.

In questo modo il titolare dell’e-commerce non dovrà, per esempio, preoccuparsi dello stoccaggio, di eventuali rimanenze invendute in magazzino o degli aspetti burocratici della spedizione, che sarà eseguita per suo tramite dal drop shipper.

Nel caso si voglia avviare un’attività di drop shipping sarà semplicemente fondamentale affidarsi a uno studio fiscale, perché questa branca del commercio online è molto complessa e presuppone non solo un maggior numero di transazioni (B2B e B2C contemporaneamente) ma anche una serie di normative legali e burocratiche da rispettare scrupolosamente.

E-commerce, adempimenti fiscali 2020

La vendita telematica infatti segue dei criteri ben specifici, che non rispecchiano necessariamente quelli di un esercizio commerciale “classico”.

In particolare, poi, gli adempimenti fiscali hanno subito un brusco cambiamento a partire dal 1 Gennaio 2020 quando, a norma di legge, è diventato obbligatorio usufruire di piattaforme e mezzi di archiviazione interamente telematici.

Gli e-commerce sono avvantaggiati in questo senso perché non necessitano di  alcun tipo di “aggiornamento”. Inoltre gli intestatari e i titolari di e-commerce sono sovente molto più propensi a gestire il disbrigo di oneri burocratici telematici rispetto a chi ha sempre lavorato nell’ambito del commercio tradizionale.

Ma c’è di più. Gli adempimenti dal 2020 variano infatti a seconda del tipo di attività di compravendita che si effettuerà nell’e-commerce. Ovvero, se l’attività intende operare prevalentemente nel commercio telematico diretto oppure indiretto (vedi sopra).

Quali sono le differenze più importanti? Per la contabilità di e-commerce diretto in realtà non cambia molto ai fini degli adempimenti fiscali. Infatti questi store continueranno a godere di esonero per lo scontrino e eventuali fatture cartacee. Inoltre il commercio elettronico diretto non prevede neppure la tenuta dei corrispettivi telematici. Resta invece l’obbligo di riportare i corrispettivi su un registro cartaceo.

Adempimenti fiscali 2020 per e-commerce indiretto

Discorso diverso per quanto riguarda gli e-commerce che praticano il commercio indiretto, ovvero vendono online beni di natura fisica.

Questi esercizi dal 2020 dovranno infatti emettere i corrispettivi giornalieri  e qualunque tipo di fattura e scontrino direttamente in digitale, utilizzando un apposito registratore di cassa telematico (vedi oltre). I rispettivi vanno registrati tassativamente entro e non oltre il primo giorno lavorativo successivo alla transazione in corso.

Resta inalterato l’obbligo del registro dei corrispettivi cartaceo per annotare i guadagni maturati dalle vendite, proprio come accade con la vendita per corrispondenza tradizionale.

Inoltre, come si è visto, questi e-commerce sono tenuti a liquidare l’IVA. In fase di scorporo gli e-commerce indiretti non possono applicare la ventilazione e devono ricorrere tassativamente al calcolo matematico.

Che cos’è il regime MOSS?

Nel 2015 è entrato in vigore un regime IVA semplificato, il MOSS (Mini One Stop Shop). Gli store che se ne avvalgono possono applicare ai commerci intra-UE gli stessi adempimenti fiscali e tributari del paese di provenienza della merce. 

Come abbiamo visto, il MOSS permette di applicare in fattura l’IVA del paese di provenienza, ma solo laddove la transazione sia di tipo B2C. In altre parole, sono idonee tutte quelle aziende dichiaratamente italiane che operino con clienti privati provenienti da altri paesi dell’unione Europea.

A partire da Giugno 2020 il decreto legislativo n.45 ha stabilito che il MOSS si possa applicare per quei soggetti non residenti in Unione Europea  ma che siano comunque identificati fiscalmente in uno Stato facente capo all’UE. In assenza di MOSS, invece, questo tipo di trattativa prevedrebbe l’applicazione dell’IVA del Paese committente.

Il regime MOSS tradizionalmente è sempre stato riservato solo a quegli e-commerce che si occupino di telecomunicazione, servizi elettronici e di diffusione audio/video telematica. In altre parole l’ambito in cui si poteva scegliere il regime MOSS era solamente quello delle Tte, che tradizionalmente ricadono sotto l’egida del commercio diretto. 


Dal 2021 però – e per l’esattezza dal 1 Gennaio 2021 – anche gli e-commerce che trattano altre tipologie di servizi in ottica B2 potranno applicare questo regime. Che sarà esteso, contestualmente, anche all’e-commerce diretto, dove cioè le merci fisiche (e non digitali) viaggiano dallo Stato di emissione a quello in cui risiede il destinatario.

Per usufruirne l’azienda dovrà effettuare la registrazione sul portale Web del mini sportello unico. A scadenza trimestrale sarà obbligatorio inviare la documentazione IVA relativa alle transazioni a cui è applicabile il MOSS, entro e non oltre venti giorni dalla fine del trimestre. Contestualmente si procederà alla liquidazione dell’IVA, scaglionata in quattro tranche.

E-commerce diretto intra ed extracomunitario;  gli adempimenti fiscali 2020

L’IVA è ovviamente imponibile nel caso di tutte quelle transazioni che avvengono sul territorio italiano. 

Nel caso di commerci B2C (Business to Consumer) in Unione Europea, invece, da partire dal 1 Gennaio 2020 le transazioni effettuate da e-commerce indiretto non sono più equiparabili alla vendita per corrispondenza. 

Fino al 2019 esistevano delle soglie di sicurezza (da 35.000 a 100.000 euro) che con il nuovo ordinamento del 2020 sono statei aboliti, in favore di una soglia annuale unica, fissata a 10.000 euro (lo stesso del regime MOSS).

Un e-commerce che pratica il commercio indiretto all’interno dei confini dell’Unione Europea dovrà, sotto sale soglia, applicare gli adempimenti fiscali previsti dall’ordinamento italiano. Al superamento dei 10.000 euro la tassazione fiscale passa invece al Paese di destinazione, quello cioè dove risiede il consumatore.

Per quanto riguarda invece le transazioni extra-UE, i nuovi adempimenti fiscali 2020 per e-commerce stabiliscono che anche le spedizioni di valore inferiore ai 22 euro non siano più esenti dall’IVA. 

Sotto tale cifra scatta comunque l’esonero dal pagamento dei dazi doganali.


Trasmissione telematica dei corrispettivi e-commerce

La trasmissione telematica dei corrispettivi e-commerce è obbligatoria? 

A partire dal 2020, com’è noto, l’Agenzia delle Entrate ha stabilito che le aziende siano obbligatoriamente tenute a trasmettere in maniera telematica tutta la documentazione fiscale utile ai fini IVA.

Gli e-commerce, però, fanno eccezione. Nei loro confronti l’obbligo di emanare trasmissione telematica dei corrispettivi decade, particolarmente nel caso in cui l’e-commerce sia di tipo indiretto. Questa tipologia di transazione, equiparata (come abbiamo visto) alla vendita per corrispondenza, è quindi esonerata dalla necessità di produrre e trasmettere all’Agenzia dell’Entrate lo scontrino elettronico con cui molte altre realtà commerciali stanno facendo i conti.

La fatturazione elettronica andrà prodotta, per gli e-commerce indiretti, solo nel caso in cui sia il consumatore stesso che ha effettuato l’ordine a richiederla espressamente ai fini fiscali.

Nonostante la trasmissione telematica dei corrispettivi venga meno nel caso degli e-commerce, questi ultimi saranno comunque tenuti ad annotare ciascun corrispettivo sia nel registro fatture che in quello delle operazioni effettuate.

La conferma dell’esonero è giunta a Gennaio 2020 dall’Agenzia delle Entrate stessa e ha quindi valore legislativo e fiscale fino a diversa comunicazione.

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