Vista la crescente importanza dell’economia digitale in senso più ampio, non solo web commerce e vendite online, ma anche servizi commerciali che presuppongono comunque l’ausilio di Internet, il digital marketing e tutte quelle sfaccettature del commercio che usufruiscono di tecnologie digitali, era naturale che il Fisco sia adeguasse di conseguenza, veicolando un sistema di tassazione il più possibile capillare ed equo.
Il problema che si incontra parlando di tassazione dell’economia digitale ha natura duplice.
Da un lato, l’enorme varietà di forme di commercio e attività che ricadono sotto l’egida della digital economy e le profonde differenze fra di esse : per fare un esempio, l’affiliate marketing che non può essere equiparabile all’e-commerce indiretto, dai caratteri più affini casomai alla vendita per corrispondenza.
Dall’altro la necessità di stabilire una tassazione per l’economia digitale che rispecchiasse per quanto possibile i valori comunitari alla base dell’Unione Europea.
É facile quindi capire come la fiscalità digitale sia ancora un ambito molto controverso soprattutto in territorio UE ; non tutti gli Stati membri, infatti, hanno lo stesso livello di digitalizzazione o tempi e forme burocratiche egualmente snelli; è il caso dell’Italia, che è stata uno degli ultimi Stati ad adeguarsi alle normative UE in termini di tassazione dell’economia digitale.
Ne sovvengono tutta una serie di problemi e complicanze che rendono l’argomento della fiscalità digitale quanto mai spinoso e soggetto a profondi stravolgimenti, in attesa di una soluzione universale che metta d’accordo tutti i settori coinvolti; il Fisco, la filiera produttiva, ma anche le aziende e gli investitori.