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Il dibattito che ha coinvolto gli stati dell’UE negli ultimi tre anni, e che potrebbe trovare uno sbocco per la fine del 2020, riguarda la Digital Tax. Ma cosa significa esattamente questo termine?
Con Digital Tax si intende un’imposta applicata a priori sui redditi delle multinazionali operanti (anche) nel settore digitale, o che facciano comunque ricorso a servizi digitali nello svolgimento delle loro mansioni.
Lo scopo della Digital Tax è duplice :
- Con la tassazione sistematica dei conti correnti e dei redditi aziendali, si vuole prendere una posizione decisa per contrastare l’evasione fiscale, soprattutto da parte delle grandi aziende che hanno un ruolo preminente nella digital economy e superare tutte le problematiche UE sulla tassazione del digitale.
- Incentivare l’utilizzo di una nuova, snella procedura di riscossione delle imposte e dei tributi tramite l’utilizzo di strumenti – a loro volta – digitali, come per esempio i registratori di cassa telematici già adottati in Italia, al fine di monitorare in modo trasparente e diretto la contabilità in entrata e in uscita dei vari esercenti e delle attività commerciali.
Solo in questo modo sarà possibile gestire in maniera efficiente, capillare e obiettiva un ambito tanto complesso quanto quello della fiscalità digitale in tutti i suoi aspetti.
Digital Tax e Commissione Europea
Quello della Digital Tax rappresenta un terreno di scontro fra l’European Commission e le superpotenze mondiali.
Sull’argomento sono scesi in campo anche gli Stati Uniti; solamente a Giugno il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump si era espresso con forza contro la scelta della Francia di applicare la Digital Tax per le transazioni commerciali con carattere di import-export. Dagli Stati Uniti è arrivata la promessa di ricorrere a nuove tariffe da applicare alle merci di provenienza Francese.
Di conseguenza la Commissione Europea ha preferito scegliere il sentiero della prudenza e rimandare eventuali decisioni in merito alla Digital Tax alla fine dell’anno, quando, cioè, si dovrebbe finalmente raggiungere un accordo definitivo in merito a uno degli argomenti più discussi nell’ambito della fiscalità digitale.
Ma perché la Digital Tax mette tanto in crisi i rapporti diplomatici fra la European Commission e i G20?
Il fulcro del problema è che le compagnie di maggiori dimensioni e che operano nel settore della digital economy provengono in massima parte dagli Stati Uniti; basta pensare a colossi dell’e-selling, come Amazon o la stessa Google, o ai fornitori di servizi digitali come Netflix.
Gli Stati Uniti considerano in altre parole la Digital Tax dell’European Commission come un tentativo di muovere “guerra” alle multinazionali statunitensi che rappresentano una fetta considerevole dei contribuenti alla fiscalità USA.
L’Unione Europea, dal canto suo, non ha fatto mistero di ritenere le “major” americane direttamente responsabili dei guadagni, spesso milionari, che incassano regolarmente grazie all’ausilio di strumenti digitali, ma che non si traducono a conti fatti nei corrispettivi, e legittimi, adempimenti fiscali.
Il nodo della Digital Tax che l’European Commission vorrebbe introdurre nella nuova concezione di fiscalità digitale è proprio questo; le grandi compagnie operanti nel Web speculerebbero, infatti, sulle transazioni commerciali, particolarmente quelle effettuate con gli Stati membri dell’Unione Europea. Non si tratta, certo, di un problema “solo” extra-UE ma che risente della massiccia presenza di aziende digitali – o che operano in ambito digitale – in territorio statunitense, dove la digitalizzazione ha raggiunto livelli molto più avanzati.
Digital Tax in Italia
Anche l’Italia ha recentemente fatto ricorso alla Digital Tax per le imprese che operano in ambito di digital economy e come parte di una concreta riforma della fiscalità digitale.
L’Italia, in realtà, è stata uno degli ultimi Stati dell’Unione Europea a muoversi in questo senso, complice anche una certa lacunosità in termini di digitalizzazione capillare che ha rallentato notevolmente le decisioni del governo, e di conseguenza del Fisco.
Dal 1 Gennaio tuttavia la Digital Tax è diventata operativa sul territorio italiano e si appresta a rivoluzionare per molti aspetti la concezione e l’ausilio del digitale nell’ambito delle transazioni commerciali.
Ma come funziona esattamente la Digital Tax in Italia e cosa prevede? Il Fisco ha predisposto il pagamento di un’imposta con aliquota pari al 3% del reddito maturato da quelle aziende o da quei fornitori di servizi che usufruiscono in maniera massiccia di strumenti e tecnologie digitali.
Esistono due requisiti fondamentali per le aziende a cui si applica la Digital Tax italiana:
- Il reddito annuo – non limitato ai soli servizi digitali, ma calcolato sugli introiti percepiti in toto dall’amministrazione – non può essere in alcun caso inferiore ai 750 milioni ;
- I servizi digitali di cui sopra devono comunque ammontare, nel corso dell’anno solare, a un guadagno superiore o uguale a 5,5 milioni.
Il reddito viene calcolato in base all’anno solare in cui i proventi sono stati effettivamente percepiti, sia per quanto riguarda i guadagni societari in senso lato sia per quelli derivanti dai servizi digitali.
Pertanto, l’importo non terrà conto dei singoli redditi trimestrali ma solamente del totale annuo guadagnato dall’azienda.
Soggetti esclusi dalla Digital tax italiana
Esistono però dei soggetti fisici esonerati dalla Digital Tax , perlomeno in territorio italiano, mentre negli altri Stati membri dell’UE la situazione può presentare variazioni.
Nello specifico, l’imposta non si applica nel caso di:
- Banche, finanziarie e istituti di credito ;
- Gli operatori di telefonia ;
- I giornali e le pubblicazioni online, o in generale, chi fornisce servizi di comunicazione come tv e radio ;
- I siti aziendali relativi a servizi di fornitura di servizi.
La Digital Tax, infatti, non si applica laddove il sito Web o la piattaforma rappresenti un’interfaccia fra l’azienda e il cliente finale per la fruizione di servizi di (tele)comunicazioni oppure in ambito finanziario e fiscale.
Se è indubbiamente vero che tali aziende rappresentano il motore trainante della digital economy e generano proventi di grande entità in ambito di fiscalità digitale, il ricorso a interfacce digitali rappresenta in quest’ottica una prima necessità per interagire con il cliente e permettergli di fruire dei servizi offerti.