Come abbiamo visto nell’articolo sulla tassazione economica digitale, per l’Unione Europea non è affatto facile arrivare a una soluzione comune che possa essere accettabile per tutti gli ambiti coinvolti nel discorso più ampio della fatturazione digitale.
La tassazione dei servizi digitali è un nodo cruciale su cui si è molto discusso negli ultimi anni, e si continua tuttora a discutere.
Le prime manovre sono state intraprese nel 2017, quando il Consiglio dell’Unione Europea fu posto per la prima volta di fronte alla sfida che la digital economy rappresentava da un punto di vista fiscale.
Era fondamentale arrivare a una soluzione che equiparasse la tassazione del digitale in tutti gli Stati membri, pur nel rispetto delle normative Fiscali vigenti in ciascuno stato.
Per contro, era un dato di fatto che l’economia digitale stesse avanzando sempre più rapidamente ; non con le stesse tempistiche, e non con gli stessi mezzi, è ovvio, ma non c’era alcun dubbio che la fiscalità digitale stesse diventando un nodo sempre più problematico da sciogliere.
Ancora nel 2018 il Consiglio dell’Unione Europea dibatteva le modalità per istituire delle imposte sul digitale, tra le altre cose su attività come affiliate marketing dropshipping o commercio elettronico indiretto.
Dal 22 Marzo di tale anno in UE non si è praticamente mai smesso di lavorare in quest’ottica.
Nei primi mesi del 2019 le profonde differenze in ambito di digitalizzazione ed economia digitale resero impossibile trovare un accordo unitario fra le parti.
Il 2020 però sembrerebbe l’anno della svolta, resa tanto più urgente dalla diffusione sempre maggiore di servizi digitali in funzione di trattative e attività legate al commercio. La necessità di una tassazione del digitale univoca e capillare è insomma sempre più sentita e pressante.