Imposte e-commerce

Il commercio è il motore dell’economia e rappresenta uno degli aspetti di maggior rilevanza quando si valuta il livello di benessere di una nazione. 

Con la diffusione sempre maggiore di Internet e dei canali telematici, il commercio tradizionale trova la sua collocazione, nella nascita e sviluppo dell’ e-commerce,  dando vita al commercio elettronico.

Quando si parla di e-commerce normalmente si pensa al classico negozio online o e-shop. In realtà questo termine ha una valenza molto più ampia e comprende tutte le attività commerciali, le prestazioni di servizi telematici e le azioni di supporto al commercio che si svolgono rigorosamente per via digitale.

Nonostante l’opinione comune possa sembrare di diverso avviso, l’e-commerce non è assolutamente una zona franca, scoperta dalle leggi che disciplinano il commercio in senso stretto. 

Al contrario esistono leggi specifiche e standard da rispettare. Un’attività digitale, per non incorrere in  problemi con il fisco, dovrà rispettare scrupolosamente tempistiche e requisiti previsti per quanto riguarda il pagamento delle imposte di un e-commerce.

Le tipologie di e-commerce

Prima di procedere oltre, è opportuno chiarire quali sono le differenze fra le due macrocategorie di   e-commerce. Ciascuna, come vedremo, ha le sue particolari specifiche in termini di imposte e-commerce che si applicano nel caso di transazioni comunitarie, extracomunitarie EU ed extraeuropee.

Le due categorie di commercio online riconosciute dall’ordinamento italiano sono:

  • E- commerce diretto
  • Ecommerce indiretto

Il primo è il classico commercio elettronico di cui parliamo quando ogni aspetto della transazione,         compreso l’ordine, il pagamento e la consegna stessa della merce, avviene esclusivamente per via          elettronica.

L’e-commerce diretto non veicola l’acquisto di oggetti fisici ma di beni digitali. E’ il caso per esempio delle piattaforme di streaming, come Netflix, dei provider di abbonamento a Internet, dei servizi di web hosting e di qualunque tipologia di servizio Web a pagamento. 

L’e-commerce indiretto invece è l’insieme di tutte quelle attività, piattaforme telematiche e servizi di     supporto e assistenza che gravitano intorno alla vendita e all’acquisto di oggetti materiali. In pratica si parla di commercio indiretto nel caso del classico e-commerce che vende prodotti fisici, come abiti, scarpe, libri o accessori per la casa.

Il cliente dell’e-commerce indiretto procede online a effettuare il suo acquisto scegliendo la merce da un catalogo digitale e può scegliere fra varie tipologie di pagamento (che non influenzano sul tipo di                  e-commerce); online con carta di credito, con bonifico, contrassegno alla consegna ecc. A quel punto l’e-store di riferimento provvederà alla spedizione materiale della merce presso il suo domicilio o comunque l’indirizzo indicato in fase di ordinazione.

Un tipico esempio di e-commerce diretto è rappresentato ad esempio da negozi online come Amazon, Zalando o Ebay.

Come vedremo, ciascuna tipologia di commercio digitale ha le sue regole e le sue differenze per quanto   riguarda il pagamento delle imposte e-commerce.

Tassazione e-commerce; come si applica l’IVA?

Naturalmente anche il commercio online, proprio come qualsiasi altro settore finanziario, prevede una forma di tassazione e non è sempre facile capire come applicarla quando si parla di imposte e-commerce.

Cosa dobbiamo tenere in conto quindi quando si affronta la tassazione di un negozio o uno store online? Il primo fattore imprescindibile da tenere in considerazione è il corrispettivo IVA, ovvero l’Imposta Valore   Aggiunto che in Italia, attualmente, è fissata al 22%. 

L’IVA che è necessario versare allo stato per le vendite effettuate su un e-commerce si può calcolare molto semplicemente sottraendo l’IVA richiesta al cliente contestualmente all’acquisto dei beni da quella pagata a monte dal venditore quando è entrato in possesso della merce.

E-commerce tasse e imposte

Secondo l’ordinamento corrente un e-commerce equivale in tutto e per tutto ad un’attività commerciale, ed è quindi tenuto al pagamento dell’IRPEF, l’imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, il cui importo da versare e strettamente correlato al reddito, e suddiviso in scaglioni come segue :

  • 1° scaglione: 0-15.000 euro. Tassazione 23%
  • 2° scaglione: 15.001-28.000 euro. Tassazione 27%
  • 3° scaglione: 28.001-55.000 euro. Tassazione 38%
  • 4° scaglione: 55.001-75.000 euro. Tassazione 41%
  • 5° scaglione: oltre 75.000 euro. Tassazione 43%

Occorre fare attenzione in fase di calcolo e verifica delle soglie di competenze, poiché l’aliquota che andrà pagata è valida solamente nel caso in cui il reddito complessivo ecceda effettivamente il limite previsto   dalla soglia precedente. Per esempio, fino ai 28.000 euro compresi si applicherà l’aliquota del 27%, a partire da 28.001 euro compresi occorrerà invece applicare lo scaglione successivo del 38%.

Fra le tasse e imposte e-commerce imponibili figura anche la cosiddetta IRAP, ovvero l’Imposta Regionale sulle Attività Produttive. Questa tassa non ha un valore univoco, in quanto ogni regione può stabilire         autonomamente una diversa aliquota. Il corrispettivo IRAP va quindi verificato nelle opportune sedi al   momento di liquidare l’importo dovuto alla regione italiana in cui risiede fisicamente o legalmente l’attività di e-commerce.

Web Tax

Per finire, l’ultima fra le imposte e-commerce che i negozi online sono tenuti a versare è la Web Tax. Si tratta di un’imposta attualmente fissata al 3% e il cui pagamento è dovuto da quelle attività online che hanno un reddito complessivo pari o superiore ai 750 milioni di euro nel corso dell’anno solare. 

I ricavi, inoltre, devono necessariamente essere superiori a 5,5 milioni in uno specifico stato di riferimento (ad es. per le transazioni in Italia o con un diverso stato europeo)

E-commerce tasse regime forfettario

Un altro aspetto importante quando si parla di imposte e-commerce è la scelta del regime fiscale a cui farà riferimento lo store.

La stragrande maggioranza degli e-commerce preferisce optare per il cosiddetto regime forfettario. Quest’ultimo prevede infatti sostanziali agevolazioni per le attività il cui volume di affari sia inferiore o uguale a 65.000 euro.

Gli e-commerce che applicano questa tipologia di regime fiscale devono in prima luogo verificare a quanto ammonta il proprio reddito imponibile, solitamente rappresentato dal 40% del reddito complessivo.

L’imposta sostitutiva andrà versata su questo imponibile e nel caso del regime forfettario segue due diversi importi:

  • 5% per i primi cinque anni dall’inizio dell’attività
  • 15% a partire dal sesto anno di attività consecutivo.

L’adesione al regime forfettario non è però automatica. Per richiederla occorre infatti effettuare l’iscrizione alla gestione INPS riservata ai commercianti.

I soggetti iscritti dovranno corrispondere una quota che varia in base al reddito ma non è mai inferiore a 3832,45 euro.

Il vantaggio del regime forfettario, rispetto ai regimi ordinari IVA, IRPEF o IRAP è che gli e-commerce non sono tenuti a corrispondere la Web Tax, in quanto il loro volume di affari è specificatamente inferiore alla soglia  minima prevista per il pagamento della stessa.

Contabilità e-commerce

La contabilità e-commerce presuppone tutta una serie di requisiti indispensabili per la corretta gestione degli oneri e delle responsabilità fiscali ; oltre alle imposte e-commerce e alla trasmissione dei corrispettivi, nella contabilità ricadono anche tutti gli aspetti burocratici necessari affinché il negozio online possa  operare nel pieno rispetto delle leggi e della fiscalità italiana.

Nell’ordine, per poter avviare un’attività di e-commerce è necessario richiedere l’apertura di una partita IVA, con relativo codice fiscale, e l’iscrizione alla gestione dei commercianti da parte dell’INPS. 

Per effettuare la richiesta occorrerà inoltrare una ComUnica, ovvero un insieme di documenti e modulistica riservata, rispettivamente, al Registro delle Imprese, all’Agenzia dell’Entrate, all’INPS e all’INAIL. Presso il SUAP andrà presentata invece la SCIA, ovvero la Segnalazione Certificata di Inizio Attività. Solo dopo l’inoltro e l’accettazione della SCIA sarà possibile iniziare a tutti gli effetti le attività commerciali e le       transazioni sull’online store. Che dovrà, necessariamente, essere già operativo su un sito Web dedicato.

Attraverso il disbrigo di tutte queste procedure è possibile mantenere la contabilità e-commerce  aggiornata, evitando nel frattempo di incorrere in possibili sanzioni.

Anche se la gestione, stesura e archiviazione di una simile mole di informazioni può sembrare problematica, la tecnologia viene in soccorso con tutta una serie di software gestionali; questi programmi automatizzano e semplificano enormemente questa tipologia di pratiche.


Fondamentali per non incorrere in problematiche nella gestione di tutti gli aspetti contabili, e quindi anche delle imposte e-commerce, i software gestionali sono numerosi, adatti a qualsiasi esigenza e a qualsiasi budget.

Profili tributari del commercio elettronico

Esistono diversi profili tributari del commercio elettronico, di cui è necessario tenere conto nella gestione di un’attività di questo tipo. Oltre alla differenziazione che abbiamo già visto fra e-commerce diretto e          indiretto, c’è un’altra suddivisione da fare quando si parla di commercio elettronico e imposte e-commerce.

  • Business to consumer (B2C): in cui i servizi sono elargiti dal fornitore al consumatore.
  • Business to business (B2B): in cui i servizi, i beni o in generale le transazioni si effettuano fra aziende      diverse.

Ma in base a cosa si stabiliscono i profili tributari di un e-commerce o di un online store? Bisogna tenere conto di determinati fattori dell’attività in oggetto.

  • La veste giuridica (ovvero se si tratta di una ditta individuale, di una società di persone o di una società di capitali).
  • Il regime contabile scelto per l’e-commerce (ordinario oppure forfettario, vedi sopra)
  • La qualificazione dell’e-commerce come attività professionale. In merito al primo profilo, la scelta della forma giuridica influisce, come detto, sulla disciplina fiscale applicabile. 

Se l’attività di e-commerce è esercitata da una società di persone, ciascun singolo socio sarà tenuto a       pagare l’IRPEF sui redditi; se invece l’attività è esercitata da una singola persona fisica, il reddito d’impresa confluisce negli altri eventuali redditi. Dalla somma di questi ultimi si ottiene il reddito complessivo del    contribuente su cui verranno calcolate tasse e imposte e-commerce.

Come accennavamo poc’anzi, nell’ambito della gestione dei profili tributari del commercio elettronico è fondamentale il concetto di abitualità. 

Se l’attività svolta nell’e-commerce è abituale o professionale, allora il negozio online sarà assoggettato all’imposta sui redditi d’impresa. In caso contrario occorre invece verificare l’assoggettamento              dell’e-commerce all’imposta dell’operazione come reddito diverso. 

La linea di demarcazione tra attività professionale e occasionale è molto labile, e purtroppo non è normata da valori oggettivi come una soglia di ricavi massimi annuali.

Fatturazione e-commerce indiretto

Come abbiamo visto in precedenza, per e-commerce indiretto si intende la vendita di beni fisici attraverso internet, indipendentemente dalla forma di pagamento o dalla distanza fisica fra il venditore e l’acquirente.

 Il cliente finale aderisce a un’offerta del venditore ed effettua un ordine di acquisto, che contiene la        descrizione della merce, il quantitativo, il costo unitario, l’importo complessivo, le imposte e le indicazioni di legge, come quelle sul diritto di recesso. Il cliente effettua poi il pagamento e il venditore si impegna   contestualmente a fargli recapitare la merce, o per conto terzi (avvalendosi di corrieri e spedizionieri) o con soluzioni di tipo cash & carry dove, cioè, è il cliente a ritirare fisicamente la merce già acquistata.

Dopo aver assolto l’obbligo di apertura della partita IVA e la scelta del regime fiscale a cui aderire, occorre prestare un occhio di particolare riguardo alla fatturazione e-commerce indiretto

Il commercio elettronico indiretto è disciplinato dal Decreto 633/72, che prevede l’emissione di fattura e, nel caso di negozi fisici, anche la trasmissione in digitale di scontrino e fatturazione (vedi oltre).

Se però il cliente è un privato, la transazione può essere equiparata a una vera e propria vendita per  corrispondenza svolta all’interno dell’Unione Europea. In questo caso, il venditore non è obbligato né all’emissione della fattura (fatta eccezione per il caso in cui sia lo stesso cliente a richiederla) né alla certificazione dei corrispettivi tramite scontrino o ricevuta. 

Ovviamente, tale transazione deve essere comunque registrata nel registro dei corrispettivi per procedere alla liquidazione delle imposte e-commerce.

Fatturazione e-commerce diretto

Come abbiamo già visto, parliamo di e-commerce diretto quando il destinatario acquista tramite internet beni immateriali o digitalizzati, e l’intera transazione avviene per via telematica, senza nessun tipo di  scambio di oggetti materiali o comunque fisici.

Per il fisco, queste operazioni sono considerate prestazioni di servizi e devono essere disciplinate nello    stato del committente. 

La fatturazione e-commerce diretto prevede perciò che il venditore emetta una fattura attraverso la sua partita IVA, e che la tassazione sia applicata in base alla normativa vigente nel paese in cui risiede il      committente. 

Valgono ovviamente tutte le indicazioni che abbiamo già visto in precedenza a proposito di imposte e-commerce, come le operazioni preliminari per l’apertura della partita IVA.

Commercio elettronico aspetti fiscali 2019

La diffusione e l’espansione dell’e-commerce ha fatto sì che questa forma di commercio diventasse sempre più intuitiva e meno macchinosa.

I proprietari di un e-commerce che fatturano un totale inferiore alla soglia i 10.000 euro devono applicare l’IVA nello stato membro dell’UE in cui lo store si è effettivamente stabilizzato. Questo significa che il  commerciante non è più tenuto a identificarsi nel Paese in cui opera, ma può utilizzare lo sportello unico MOSS, che consente di assolvere l’IVA in un unico Stato dell’Unione Europea. 

Ma ci sono altre novità: è stato infatti abolito il precedente obbligo di conservazione della documentazione cartacea per un periodo di tempo, stabilito fino a un massimo 10 anni, per tutti coloro che operano in       regime MOSS.

A partire dal 2019, spetta a ogni stato membro dell’Unione Europea indicare il limite temporale della conservazione di questi documenti, in base alla normativa vigente e alle imposizioni fiscali dello stato stesso. 

Di conseguenza, è stato abolito anche l’obbligo di fatturazione dei singoli Stati UE. Tutti coloro che operano nell’ambito del regime MOSS potranno perciò fatturare secondo le regole di uno specifico stato membro rispecchiando le normative e le leggi in vigore nello Stato stesso.

In termini di aspetti fiscali 2019 sul commercio elettronico un’altra novità introdotta nel 2019 riguarda la Web Tax. 

Come abbiamo visto in precedenza, la Web Tax è infatti applicata alle imprese che in un anno solare        raggiungono un giro di affari superiori a 750 milioni di euro e che che hanno un fatturato in uno specifico Paese (per esempio, l’Italia). Di conseguenza sono soprattutto i colossi del Web a essere coinvolti.

Questa particolare imposta e-commerce è stabilita al 3% del fatturato. La Web Tax però non si applica se i servizi sono resi a soggetti controllati dall’impresa o controllanti della stessa. In altre parole la Web Tax   andrà corrisposta solo ed esclusivamente nel caso in cui i servizi si rivolgano a soggetti terzi, e quindi verso l’esterno.

Commercio elettronico aspetti fiscali 2020

Anche se non ci sono novità di rilievo a proposito degli aspetti fiscali del commercio elettronico 2020, è   opportuno prendere già gli opportuni accorgimenti per le nuove misure fiscali che entreranno ufficialmente in vigore a partire dall’1 gennaio 2021. 

A decorrere da tale data, nell’ottica di rendere più semplice il commercio dei beni all’interno dell’Unione Europea, è stato stabilito che, se l’ammontare del reddito complessivo di un commerciante in uno specifico anno solare non è superiore alla soglia di 10.000 euro, esso sia soggetto alla tassazione nello stato del      cedente. 

Se si supera la soglia di 10.000 euro, c’è la possibilità di avvalersi del regime MOSS, evitando così di doversi identificare per fini fiscali in ogni singolo stato in cui sono eseguite le vendite e avendo la possibilità di  adottare le regole di fatturazione preposte all’interno del proprio Paese.

Sempre a partire dal 2021, c’è un’altra novità in termini di imposte e-commerce. La responsabilità per il pagamento dell’IVA passa infatti a carico delle piattaforme digitali, ovvero quelle specifiche entità fiscali che effettuano le vendite vere e proprie. 

A partire da tale data ciascun marketplace verrà quindi considerato come il soggetto passivo che acquista o cede i beni. Questo avviene tramite un’operazione di frazionamento della transazione: la prima è una      cessione B2B (dove cioè il cedente trasmette i beni alla piattaforma) a cui segue una seconda cessione B2C (con l’acquisto dei beni da parte del consumatore e la spedizione o il trasporto presso la sua residenza o domicilio).

Commercio elettronico diretto 2020

Nella Gazzetta Ufficiale n. 145, del 9 giugno 2020, è stato pubblicato il Decreto Legislativo n. 45 del 1°      giugno 2020, che stabilisce alcune novità a proposito del commercio elettronico diretto 2020. Le principali novità in oggetto riguardano il commercio elettronico diretto, indirizzato verso soggetti privati. Inoltre vengono chiarite anche nello specifico le nuove regole di tassazione, che avrebbero dovuto applicarsi all’Italia già a partire  il 31 dicembre 2018.

Fra le nuove disposizioni in vigore dal 2020 a proposito di imposte e-commerce, si stabilisce che siano    considerate transazioni commerciali svolte nei confini dello Stato, se effettuate verso committenti diversi da soggetti passivi:

  • Tutte le prestazioni di servizi esclusivamente telematici, nel caso in cui il committente abbia il suo       domicilio nel territorio dello stato o risieda all’estero senza avervi però il domicilio ;
  • Tutte le prestazioni relative alla telecomunicazioni video e audiovisive, anche per radio, sempre nel caso in cui il committente sia domiciliato nel territorio dello stato o lì residente senza domicilio all’estero. 

A tal proposito,

leggi anche: Come evitare l’esterovestizione

Queste prestazioni inoltre devono ricadere all’interno del territorio dell’Unione Europea.

Queste nuove disposizioni non si applicano, per i servizi resi a committenti stabiliti nel territorio italiano, nel caso in cui concorrano unitariamente le seguenti condizioni:

  • Il prestatore UE non può essere stabilito anche in altri stati facenti parte dell’Unione europea.
  • Il reddito complessivo nell’anno solare precedente, al netto dell’IVA sulle prestazioni di servizi rese ad  altri committenti privati di altri stati membri dell’Unione Europea, non deve essere superiore alla soglia di 10.000 euro.
  • Il prestatore UE ha scelto di non avvalersi dell’applicazione dell’IVA in Italia.

Soglie vendite a distanza 2019

Il nostro sistema fiscale indica con il generico termine di vendite a distanza tutte le cessioni diverse dall’acquisto sistematico nel punto vendita, in cui l’oggetto cioè viene scelto, acquistato e pagato diretta mente dal cliente che si reca nell’attività commerciale.

 Rientrano in questo caso le vendite per corrispondenza, quelle effettuate via internet e negli e-commerce e quelle con un luogo di consegna stabilito dal cliente o dal venditore. 

Chi vende a distanza non si deve preoccupare soltanto delle imposte e-commerce, ma anche della necessità della regolamentazione sulle soglie che regolamentano le vendite a distanza. 

Quali sono le soglie vendite a distanza 2019?

Per quanto riguarda le vendite a distanza, nell’Unione Europea si applica l’IVA dello stato del beneficiario di una cessione, o cessionario. Si segue quindi il principio di destinazione. 

Solamente se il totale delle vendite a distanza da parte di un cedente non supera la soglia di vendita a distanza stabilita da uno stato, l’imposta IVA si applica nello stato del cedente. 

Nel caso dell’Italia, per esempio, questo valore per il 2019 è stabilito a 35.000 euro.


Quindi per quanto riguarda le vendite in Italia, si applica l’IVA relativa allo stato del cedente solo laddove le transazioni nel corso dell’anno solare non superino la cifra sopra indicata. Al superamento della soglia il venditore è invece costretto a corrispondere l’IVA in base alla vigente legislazione fiscale italiana.

Soglie vendite a distanza 2020 – come regolarsi

Per quanto riguarda l’anno attualmente in corso, le differenze dal 2019 non sono sostanziali. C’è però un’importante novità all’orizzonte per quanto riguarda il 2021, e a cui sarà fondamentale abituarsi.

Oltre alla possibilità per i commercianti a distanza europei di aderire al cosiddetto MOSS, cioè un regime speciale attraverso cui è possibile assolvere all’IVA in modo molto più semplice e veloce, il 2021 porterà   infatti un’ulteriore modifica fiscale in materia di imposte e-commerce.

L’Unione Europea ha stabilito un’unica soglia di riferimento per stabilire lo stato in cui viene applicata la tassazione di una vendita a distanza. La soglia è fissata di default a 10.000 euro, quindi una cifra       sensibilmente inferiore alle soglie vendite a distanza in vigore negli anni 2019 e 2020.

Per i commercianti, è quindi opportuno rivedere i propri flussi economici e prendere di conseguenza gli  opportuni accorgimenti su tariffe, costi e imposte e-commerce.

Vendite a distanza sopra soglia

Per quanto riguarda le vendite a distanza sopra soglia, c’è qualche dubbio a proposito degli obblighi di    certificazione dei corrispettivi quando si parla di imposte e-commerce.

Come abbiamo appena visto, per legge le operazioni sopra la soglia (fissata in Italia a 35.000 euro) sono soggette all’applicazione dell’IVA nello stato dell’acquirente. Questo teoricamente dovrebbe assolvere dall’obbligo di fatturazione, ma il DL 331/93, pur ribadendo che queste operazioni non sono imponibili a   livello di IVA, richiede in ogni caso l’emissione di una fattura. 

L’articolo 46 comma 3 del suddetto DL aggiunge però che per le cessioni per corrispondenza, quindi  potenzialmente riconducibili al settore e-commerce, la fatturazione non richiede di indicare il numero di partita IVA del venditore intestatario dell’e-commerce.

Rimane dunque un’ambiguità di fondo, che deve essere gestita secondo il proprio specifico caso, con un’attenzione particolare alle norme in vigore nello stato dell’acquirente, cioè quello a cui viene destinata l’IVA nel caso di vendite a distanza sopra soglia.

E-commerce novità fiscali 2020

Le principali novità fiscali 2020 in materia di e-commerce come vedremo riguarderanno i corrispettivi     elettronici. Come abbiamo anticipato, infatti, a tutti i negozi e le attività commerciali fisiche è stata imposta tassativamente l’archiviazione e la contestuale trasmissione di fatture, corrispettivi e dello scontrino digitale.

Tutte queste operazioni sono rese possibili dai nuovi registratori di cassa telematici, oppure avvalendosi   direttamente del portale dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia se le attività fisiche e i negozianti al dettaglio potranno avere qualche difficoltà ad adattarsi alle novità fiscali 2020, gli e-commerce sono notevolmente avvantaggiati.

Chi si occupa di e-commerce è naturalmente più propenso all’utilizzo di software, gestionali e modulistica online e anche nell’ambito delle imposte e-commerce le differenze sono sensibilmente minori di quelle che dovranno affrontare le attività tradizionali “classiche”.


E-commerce corrispettivi elettronici 2020

Abbiamo visto che la novità più importante riguarda l’archiviazione dei corrispettivi elettronici 2020 per gli e-commerce. 

In questo senso gli esoneri che erano già riconosciuti validi, come quelli degli e-commerce diretti, resteranno comunque in vigore. A queste attività commerciali non sarà richiesto né di emettere scontrino fiscale né ricevuta, né tantomeno di acquistare un registratore di cassa telematico ai fini di una maggiore trasparenza e immediatezza in sede di liquidazione delle imposte e-commerce.

Resta immutato anche l’obbligo di trascrivere sul registro dei corrispettivi cartaceo tutti i giornalieri effettuati nell’arco delle 24 ore dall’attività di e-commerce diretto o indiretto.

Gli e-commerce che effettuano invece commercio indiretto e sono localizzati fisicamente in un negozio (non avvalendosi quindi di soluzioni come il drop shipping) dovranno trasmettere sia i corrispettivi elettronici giornalieri che emettere i documenti commerciali memorizzati digitalmente sul registratore di cassa automatico.

Caso diverso per quanto riguarda le transazioni B2B; la fatturazione necessaria ai fini di una corretta gestione delle imposte e-commerce dovrà essere emessa solo ed esclusivamente nel caso in cui sia l’azienda committente (quella che richiede il servizio) a farne esplicita domanda.

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